Mark Zuckerberg rimuove da Meta il mitico fact-checking. Con questa mossa, sale sul carro dei vincitori, e si inchina al nuovo padrone dei social Elon Musk? A leggere i giornali, sembra che sia così. Ma la realtà è sempre più complessa di quanto appare, e il paraculismo dei padroni del mondo è senza fine.
Nel grande circo dei social network, dove si balla al ritmo delle emozioni più basse, Zuckerberg ha deciso di aggiungere un altro colpo di scena alla sua performance: l’eliminazione del fact-checking. Una mossa che sembra urlare “libertà di espressione” ma che, in realtà, è l’ennesima trovata da palcoscenico di chi alimenta il caos per lucrare sull’ignoranza collettiva. Perché la libertà di espressione sui social è solo un’altra trovata pubblicitaria per vendere più pubblicità.
Ogni volta che Zuckerberg apre bocca, sembra di assistere a uno spettacolo teatrale. Da un lato, ci parla di libertà di espressione, dall’altro continua a costruire imperi di disinformazione che prosperano sulle emozioni tossiche e le bufale. La sua ultima mossa, quella di abbandonare il fact-checking, non è altro che un colpo di spugna su un sistema che, purtroppo, non ha mai funzionato e non ha mai avuto la volontà di funzionare. Facebook e Instagram non sono mai stati strumenti di informazione, ma piuttosto delle gigantesche macchine per la manipolazione emotiva, dove l’unica verità che conta è quella che genera interazioni, like, e click.
Le fake news? Non sono altro che il carburante che tiene accese le macchine di questi social. Eliminarle significa spegnere il motore. Zuckerberg lo sa benissimo, ma a lui interessa solo che continuiamo a spingere, a “condividere” e a commentare. Così, mentre si erge a paladino della libertà, in realtà sta facendo un favore a chiunque voglia mettere le mani sulla nostra attenzione come fosse una merce da vendere. E il risultato? Continueremo a vivere in una bolla in cui ogni opinione è uguale a un fatto, e ogni bufala è validata dalla stessa forza di un articolo di giornale.
E mentre noi, poveri spettatori, ci lasciamo travolgere dal flusso infinito di contenuti manipolati, Zuckerberg e i suoi compagni di scena (Elon Musk in primis) si scambiano ruoli e battute come se fossimo davanti a un’opera teatrale di bassa lega. Zuckerberg si sposta al fianco di Trump per lanciare il suo messaggio di “libertà”, Musk apre le porte ai “comuni utenti” per correggere le informazioni, e il tutto si riduce a una miserabile recita in cui la verità non è mai stata la protagonista.
Perché, diciamocelo, se Zuckerberg davvero ci tenesse alla verità, non avrebbe bisogno di riposizionarsi politicamente ogni volta che una nuova campagna elettorale bussa alla porta. Non sarebbe così pronto a svendersi alla politica di turno, come ha fatto con Trump e come continua a fare con Musk, in un circolo vizioso di interessi economici e politiche dettate dai potenti. Quello che davvero sta facendo è il gioco del “tutti contro tutti“, in cui la verità viene sacrificata sull’altare della guerra per il controllo delle menti degli utenti. Un gioco in cui la verità è un’opinione, e l’opinione di chi ha più follower vale più di qualsiasi ricerca giornalistica.
Mentre Zuckerberg recita il suo copione davanti agli Stati Uniti, in Europa la situazione sembra, almeno per ora, essere diversa. Qui, dove ci sono leggi che obbligano le piattaforme a fare i conti con la disinformazione, Meta non può fare il furbo come negli USA. Ma non illudiamoci: se le leggi europee non fossero così stringenti, Zuckerberg e i suoi colleghi non avrebbero alcuna remora a demolire anche il debole sistema di fact-checking che ancora sopravvive. Per ora, si accontentano di dire che “per il momento” non cambieranno nulla. La verità, però, è che tutto dipende da quanto riusciranno a piegare le leggi a loro favore. E le pressioni politiche, come vediamo ogni giorno, sono sempre dietro l’angolo. In fondo, la censura non è mai davvero scomparsa: è solo diventata più astuta, più invisibile, ma sempre al servizio del potere.
Ecco, alla fine, cosa ci rimane di tutto questo. Le piattaforme social sono diventate il teatro dove ogni giorno si recitano storie che non hanno alcun fondamento. Le notizie sono drogate da algoritmi che premiamo con un click, un like, un commento, mentre la verità, quella vera, quella che dovrebbe informare e educare, viene sistematicamente calpestata. E il tutto viene venduto come una battaglia per la “libertà“. Ma quale libertà? Quella di dire quello che ci fa comodo, che ci fa arrabbiare, che ci fa sentirci più saggi, più furbi, più attivi? Se la risposta è sì, allora è proprio questo il punto: siamo prigionieri di un sistema che ci sta dicendo cosa pensare, come pensare, e soprattutto cosa non pensare.
Il fact-checking di Zuckerberg è sempre stato una farsa, una pagliacciata. E ora che lo elimina, non fa altro che togliere la maschera. Ma la realtà è che la disinformazione è l’unica cosa che ci tiene incollati agli schermi, e lui non farà nulla per fermarla. Perché, come sappiamo bene, quando l’informazione è droga, nessuno vuole smettere di venderla.
Mi piace il tuo articolo, ho visto l’annuncio di M. Z. e francamente non mi ha convinto per nulla, nell’articolo chiarisci bene. Grazie.
..ma da un utente oramai ridotto a tossicodipendente digitale, incapace di sentirsi vivo ove in astinenza del suo “like quotidiano”, siamo certi la ricerca della verità sia una meta?Non è forse proprio la verità, la cosa che più lo terrorizza?
La verità di guardarsi dentro e di scorgervi oramai il buio più impenetrabile, il vuoto più totale, la solitudine dei più soli…
Guardarlo solo in faccia, mi fa nausea e paura …
Ben detto Michele, se per un adulto c’è qualche possibilità di discernimento per una giovane mente i social sono droga pura. E ne abbiamo un esempio ogni giorno . L’altro ieri al ristorante tutti i sedenti guardavano il telefonino ma un bambino non ha smesso neanche quando è arrivato il suo piatto di pasta e se la mamma non avesse intercesso per lui dal padre che chiedeva di toglierlo avremmo sfiorato la tragedia. Spesso gli amici mandano collegamenti con Facebook o Instagram e non si rendono conto che noi pochi che non li abbiamo non possiamo leggere gli articoli che ci mandano. Già questo fa capire la scarsa se non nulla libertà. Solo se sei dei loro puoi leggere i loro articoli.
Non avevo dubbi che il “Zucconenberg” fosse un pessimo rappresentante del genere umano. Trovo che Facebook, cosi’ complicato (parlo come persona non portata per la tecnologia cosi’ com’e’ ladra del nostro tempo), sia frutto di una mente un po’ contorta.I numeri sono 10..le lettere dell’alfabeto 21 piu’ x y k ( qualche altra lettera che non ricordo?)….FB lo trovo macchinoso….non ha i preziosi requisiti della semplicita’ che secondo me spesso e’ geniale